L’esposizione eccessiva allo stress termico comporta l’aumento del rischio infortunistico
I settori più esposti al rischio: edilizia civile e stradale (con particolare rilevanza per i cantieri e i siti industriali), comparto estrattivo, settore agricolo e della manutenzione del verde, comparto marittimo e balneare, e le altre attività che richiedono intenso sforzo fisico anche abbinato all’utilizzo di DPI.
Un altro elemento chiave è la sottovalutazione del rischio, spesso percepito minore di quello reale, talvolta aggravato da un’eccessiva responsabilizzazione al dovere e/o motivazione, come tipicamente avviene nel caso delle esposizioni in edilizia, agricoltura, o nel caso degli operatori dell’emergenza, come sanitari, vigili del fuoco, pubblica sicurezza etc.
Gli orari di lavoro a maggior rischio di stress termico sono 14:00 - 17:00. Si considerano elevate le temperature superiori a 35° centigradi.
Lo stress termico rappresenta un rischio sia per i lavoratori al chiuso sia per quelli all’aperto, in tutti i settori. La sua gravità dipende dall’ubicazione del luogo di lavoro, ma anche dalle caratteristiche di ogni singolo lavoratore quali l’età, la salute, lo status socioeconomico e persino il genere. Tutto questi aspetti devono essere presi in considerazione nelle misure volte ad affrontare e mitigare i rischi del lavoro in condizioni di calore.
L’obiettivo da porsi è la salvaguardia della sicurezza e della salute dei lavoratori, il cui sistema di termoregolazione può essere sollecitato in maniera significativa nel tentativo di mantenere la temperatura centrale nei limiti fisiologici. Sarà necessario tenere conto dei rischi legati all’esposizione di soggetti sensibili, caratterizzati da una alterata capacità di termoregolazione fisiologica, come avviene ad esempio:
– Donne in gravidanza (il caldo può essere causa di disidratazione, con la perdita, attraverso la sudorazione, di liquidi e sali minerali, preziosi per l’equilibrio materno-fetale.
– Minori (vedi Legge n° 977 del 17 ottobre 1967 e successive).
– Persone con malattie croniche.
– Persone ipertese e cardiopatiche.
– Persone con diabete.
– Persone con insufficienza renale e/o dializzate.
– Persone affette da disturbi psichici.
– Persone che assumono regolarmente alcuni tipi di farmaci.
Obbligo della valutazione del rischio stress termico e individuazione delle misure di miglioramento.
Anche il rischio da calore rientra nell’ambito della valutazione dei rischi di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 81/2008, che richiede l’individuazione e l’adozione, da parte del datore di lavoro, di misure di prevenzione e protezione.
Resta ferma la possibilità per le aziende, nel caso di temperature elevate registrate dai bollettini meteo o “percepite” in ragione della particolare tipologia di lavorazioni in atto, di richiedere la cassa integrazione guadagni ordinaria evocando la causale “eventi meteo”. Si considerano elevate le temperature superiori a 35° centigradi. Nella domanda di CIGO e nella relazione tecnica da allegare, l’azienda deve solo indicare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e specificare il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime, senza necessità di produrre dichiarazioni che attestino l’entità della temperatura o di produrre bollettini meteo.
Indipendentemente dalle temperature rilevate, la CIGO è riconosciuta in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell’azienda dispone la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovete a temperature eccessive. (circolare Inps n. 139/2016 e messaggio Hermes Inps n. 1856/2017).
Approfondimenti:
- Circolare Ispettorato Nazionale del lavoro sulla “Tutela dei lavoratori sul rischio legato ai danni da calore”
- Di seguito si riporta una tabella di sintesi delle principali disabilità termiche e delle disabilità primarie associate (tratta da ISO 28803:2012)