Danni da calore: rischio stress termico
L’esposizione eccessiva allo stress termico comporta l’aumento del rischio infortunistico
I settori più esposti al rischio: edilizia civile e stradale (con particolare rilevanza per i cantieri e i siti industriali), comparto estrattivo, settore agricolo e della manutenzione del verde, comparto marittimo e balneare, e le altre attività che richiedono intenso sforzo fisico anche abbinato all’utilizzo di DPI.
Un altro elemento chiave è la sottovalutazione del rischio, spesso percepito minore di quello reale, talvolta aggravato da un’eccessiva responsabilizzazione al dovere e/o motivazione, come tipicamente avviene nel caso delle esposizioni in edilizia, agricoltura, o nel caso degli operatori dell’emergenza, come sanitari, vigili del fuoco, pubblica sicurezza etc.
Gli orari di lavoro a maggior rischio di stress termico sono 14:00 - 17:00. Si considerano elevate le temperature superiori a 35° centigradi.
Lo stress termico rappresenta un rischio sia per i lavoratori al chiuso sia per quelli all’aperto, in tutti i settori. La sua gravità dipende dall’ubicazione del luogo di lavoro, ma anche dalle caratteristiche di ogni singolo lavoratore quali l’età, la salute, lo status socioeconomico e persino il genere. Tutto questi aspetti devono essere presi in considerazione nelle misure volte ad affrontare e mitigare i rischi del lavoro in condizioni di calore.
L’obiettivo da porsi è la salvaguardia della sicurezza e della salute dei lavoratori, il cui sistema di termoregolazione può essere sollecitato in maniera significativa nel tentativo di mantenere la temperatura centrale nei limiti fisiologici. Sarà necessario tenere conto dei rischi legati all’esposizione di soggetti sensibili, caratterizzati da una alterata capacità di termoregolazione fisiologica, come avviene ad esempio:
– Donne in gravidanza (il caldo può essere causa di disidratazione, con la perdita, attraverso la sudorazione, di liquidi e sali minerali, preziosi per l’equilibrio materno-fetale.
– Minori (vedi Legge n° 977 del 17 ottobre 1967 e successive).
– Persone con malattie croniche.
– Persone ipertese e cardiopatiche.
– Persone con diabete.
– Persone con insufficienza renale e/o dializzate.
– Persone affette da disturbi psichici.
– Persone che assumono regolarmente alcuni tipi di farmaci.
Obbligo della valutazione del rischio stress termico e individuazione delle misure di miglioramento.
Anche il rischio da calore rientra nell’ambito della valutazione dei rischi di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 81/2008, che richiede l’individuazione e l’adozione, da parte del datore di lavoro, di misure di prevenzione e protezione.
Resta ferma la possibilità per le aziende, nel caso di temperature elevate registrate dai bollettini meteo o “percepite” in ragione della particolare tipologia di lavorazioni in atto, di richiedere la cassa integrazione guadagni ordinaria evocando la causale “eventi meteo”. Si considerano elevate le temperature superiori a 35° centigradi. Nella domanda di CIGO e nella relazione tecnica da allegare, l’azienda deve solo indicare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e specificare il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime, senza necessità di produrre dichiarazioni che attestino l’entità della temperatura o di produrre bollettini meteo.
Indipendentemente dalle temperature rilevate, la CIGO è riconosciuta in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell’azienda dispone la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovete a temperature eccessive. (circolare Inps n. 139/2016 e messaggio Hermes Inps n. 1856/2017).
Approfondimenti:
- Circolare Ispettorato Nazionale del lavoro sulla “Tutela dei lavoratori sul rischio legato ai danni da calore”
- Di seguito si riporta una tabella di sintesi delle principali disabilità termiche e delle disabilità primarie associate (tratta da ISO 28803:2012)
La riforma dello sport e le ripercussioni in materia sicurezza sul lavoro
La riforma dello sport attiva dal 1 luglio 2023 e le ripercussioni in materia sicurezza sul lavoro. Gli obblighi dal punto di vista della sicurezza sul lavoro per le associazioni sportive.
Whistleblowing
Anche per le aziende sopra i 50 lavoratori scatterà il prossimo 17 dicembre l’obbligo delle imprese di regolamentare la procedura “whistleblowing” (dall’inglese whistleblower, ossia soffiatore di fischietto), il termine che indica la pratica di segnalare comportamenti illeciti occorsi all’interno della Società, riscontrati da dipendenti, collaboratori, fornitori, professionisti e clienti, durante la propria attività lavorativa e/o professionale, ovvero in costanza di rapporti giuridici e commerciali con la medesima. La disciplina nasce nel settore pubblico e intende garantire protezione al segnalatore, ovvero, impedire possibili ritorsioni da parte dei colleghi o superiori coinvolti.
Cosa deve fare l'azienda per l'adeguamento Whistblowing
1. INDIVIDUARE I CANALI DI SEGNALAZIONE (Art. 4 D.lgs. 24/2023)
Le società – sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali – devono attivare dei propri canali di segnalazione, che garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza del segnalante, del segnalato, di eventuali testimoni, nonché del contenuto della segnalazione e dei relativi allegati
Le segnalazioni devono poter essere effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure in forma orale (es. tramite linee telefoniche, sistemi di messaggistica vocale, appuntamento con il Gestore del Canale)
2. INDIVIDUARE IL GESTORE (Art. 4 D.lgs. 24/2023)
La gestione dei canali di segnalazione è affidata a:
- una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione;
- un soggetto esterno, anch’esso autonomo, con personale specificamente formato
3. ATTIVARE UNA PROCEDURA PER LA GESTIONE DELLE SEGNALAZIONI (art. 5 D.lgs. 24/2023)
Il gestore dei canali di segnalazione deve svolgere le seguenti attività:
- rilasciare al segnalante avviso di ricevimento della segnalazione entro 7 giorni dalla data di ricezione;
- ove lo ritenga utile ed opportuno, richiedere al segnalante elementi integrativi;
- avviare l’ulteriore attività di indagine al fine di valutare la fondatezza della segnalazione;
- nel termine massimo di tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento, fornire opportuno riscontro al segnalante, indicando se la segnalazione sia stata ritenuta infondata e quindi archiviata, ovvero se la medesima sia risultata fondata (motivando la decisione).
Il Sistema Whistleblowing è finalizzato all’emersione di episodi corruttivi o altri illeciti che possono minacciare l’interesse pubblico.
Il Decreto Legislativo n 24 del 10 marzo 2023 ha attuato la Direttiva Europea riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni “La nuova legge italiana sul whistleblowing”.
· introdotto ex novo tale disciplina per tutte le Aziende con più di 50 dipendenti (a prescindere dall’adozione del Modello Organizzativo).
Whistleblowing in sintesi
Il whistleblowing, letteralmente “soffiare nel fischietto”, è uno strumento che permette ai lavoratori ed agli esterni di segnalare irregolarità ed illeciti sia in ambito pubblico che in ambito privato, al fine di contrastare l’illegalità. Più precisamente, si tratta dell’attività di regolamentazione delle procedure volte ad incentivare e proteggere le segnalazioni.
- I nuovi obblighi. La nuova normativa prevede nuovi obblighi per le aziende, che dovranno «mettersi in regola» entro il 15 luglio 2023! Tra questi, le AZIENDE dovranno:
– istituire canali di segnalazione interna;
– informare i dipendenti sia sulla possibilità e le tutele in caso di segnalazioni interne, sia sulla possibilità ed i casi in cui si potrà effettuare la segnalazione esterna all’ANAC;
– dotarsi di un’apposita procedura con cui gestire le segnalazioni onde garantire la riservatezza dell’identità del segnalante. - Le sanzioni. Tra le varie sanzioni in cui potrebbe incorrere la società vi è quella: “da 10.000 a 50.000 euro quando [n.d.r.: l’ANAC] accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni….”.
- Scadenza. Per non incorrere in sanzioni bisogna tenere conto di queste date:
• 15 Luglio 2023: per le aziende con ≥ 250 dipendenti
• 17 Dicembre 2023: per le aziende con ≥ 50 dipendenti fino a > 249
Contattaci per approfondimenti e informazioni al 334.9671275
Cultura della sicurezza nelle organizzazioni.
Rispetto, ascolto, attenzione e partecipazione del lavoratore devono diventare una priorità dell’intera organizzazione. Un paio di considerazioni.
Diisocianati: cosa sono e chi è obbligato a fare la formazione
Diisocianati: «a partire dal 24 agosto 2023 l’uso industriale o professionale è consentito solo dopo aver ricevuto una formazione adeguata».
Dal 24 agosto 2023 la possibilità di impiegare per l’uso industriale e professionale, sostanze e miscele a base di diisocianati (con concentrazione singola o combinata ≥ 0,1 % in peso), è consentita esclusivamente ai lavoratori (lavoratori autonomi compresi) che sono in possesso di una formazione adeguata che dovrà essere rinnovata con cadenza almeno quinquennale.
Con la pubblicazione del Regolamento UE 2020/1149, che modifica l’Allegato XVII del REACh, è stata aggiunta tra le restrizioni la nr. 74 sull’uso e l’immissione sul mercato dei “diisocianati” sia aromatici che alifatici (contenuti ad esempio in molti adesivi e sigillanti). Tali sostanze, in quanto tali o come componenti di miscele, non potranno più essere:
- utilizzate dopo il 24 agosto 2023, a meno che la loro concentrazione (singola o in combinazione) sia inferiore allo 0,1 % in peso, o il datore di lavoro possa garantire che gli utilizzatori industriali o professionali abbiano completato con esito positivo una formazione sull’uso sicuro dei diisocianati prima del loro impiego;
- immesse sul mercato dopo il 24 febbraio 2022, a meno che la loro concentrazione (singola o in combinazione) sia inferiore allo 0,1 % in peso, o il fornitore possa garantire che il destinatario delle sostanze o delle miscele sia a conoscenza delle prescrizioni normative in merito alla formazione degli addetti sull’uso sicuro dei diisocianati. A tale scopo il fornitore dovrà riportare sull’imballaggio la seguente dicitura: «A partire dal 24 agosto 2023 l’uso industriale o professionale è consentito solo dopo aver ricevuto una formazione adeguata».
Il percorso formativo diisocianati
I contenuti della formazione sono riportati nell’allegato 17, punti 4 e seguenti del REGOLAMENTO (UE) 2020/1149 DELLA COMMISSIONE del 3 agosto 2020 recante modifica dell’allegato XVII del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) per quanto riguarda i diisocianati.
La normativa prevede 3 livelli di formazione:
- FORMAZIONE GENERALE: per tutti
- FORMAZIONE A LIVELLO INTERMEDIO: per chi fa manipolazione di miscele all’aperto a temperatura ambiente (compresi tunnel per la produzione di schiuma); applicazione a spruzzo in cabina ventilata; applicazione con rullo, con pennello, per immersione o colata; trattamento meccanico successivo (ad esempio taglio) di articoli non completamente stagionati che non sono più caldi; pulitura e rifiuti; qualsiasi altro uso con un’esposizione simile per via cutanea e/o per inalazione.
- FORMAZIONE AVANZATA: per chi fa manipolazione di articoli non completamente reagiti (ad esempio, appena reagiti, ancora caldi); applicazioni per fonderie; manutenzione e riparazioni per le quali è necessario accedere alle attrezzature; manipolazione all’aperto di formulazioni calde o bollenti (> 45 °C); applicazione a spruzzo all’aperto, con ventilazione limitata o esclusivamente naturale (anche in grandi capannoni industriali) e applicazione a spruzzo ad alta pressione (ad esempio schiume, elastomeri); qualsiasi altro uso con un’esposizione simile per via cutanea e/o per inalazione.
Non viene esplicitato il monte ore complessivo. L’aggiornamento sarà quinquennale.
Violazione degli obblighi derivanti dal regolamento in materia di restrizione
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il fabbricante, l’importatore, il rappresentante esclusivo o utilizzatore a valle che fabbrica, immette sul mercato o utilizza una sostanza in quanto tale o in quanto componente di un preparato o di un articolo non conformemente alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento al di fuori dei casi di cui all’articolo 67 del regolamento, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 40.000 a 150.000 euro.
Capire la concentrazione di diisocianati: dove trovarle nelle schede di sicurezza
Questi agenti possono essere presenti in numerosi prodotti utilizzati nell’edilizia, nell’industria, nell’artigianato. Sono contenuti in vernici, sigillanti, adesivi, schiume, resine. Per esempio: la schiuma poliuretanica impiegata da lavoratori dell’edilizia, impiantisti elettrici e termoidraulici, serramentisti ed affini o le vernici e resine che sono a base di poliuretani.
Per capire quale sia la natura della sostanza che utilizzate è fondamentale andare ad analizzare la scheda di sicurezza. Al punto 3 della scheda di sicurezza ci sono le informazioni di cui abbiamo bisogno. Qui sotto è riportato un dettaglio della scheda di sicurezza del toluene dove, evidenziate, troviamo le informazioni necessarie.
Cosa sono i diisocianati
I diisocianati sono componenti chimici che possono creare problemi di salute a coloro che li utilizzano. Si tratta di sostanze presenti in molti prodotti, come le schiume poliuretaniche, i sigillanti, gli adesivi e i rivestimenti, nonché prodotti compositi e vernici.
Tutti i lavoratori che utilizzano prodotti contenenti diisocianati, sia in ambito professionale che industriale, entro il 24 agosto 2023 sono obbligati a frequentare un corso di formazione.
I prodotti che possono contenere diisocianati sono moltissimi, in particolare tutti i composti poliuretanici che possono essere presenti in resine bicomponenti, adesivi, sigillanti, rivestimenti, schiume, vernici e pitture: l’ambito applicativo di queste formulazioni può spaziare dalle carrozzerie (vernici e adesivi a base poliuretanica), a molte lavorazioni dell’edilizia (sigillanti, isolanti, adesivi, vernici, … a base poliuretanica), alla produzione di mobili (in particolare di imbottiti, attraverso le schiume poliuretaniche) o di componentistica per l’automotive.
Chi deve fare la formazione. L'aggiornamento sarà quinquennale.
Il corso è rivolto a tutti coloro che maneggiano prodotti che contengono diisocianati:
- utilizzatori autonomi e dipendenti, posatori (che maneggiano materiali poliuretanici/poliureici);
- personale incaricato alla supervisione di tale utilizzo (preposti o titolari d’azienda).
La formazione è da valutare anche per:
- produttori di sigillanti, schiume, adesivi, vernici, rivestimenti;
- rivenditori e distributori di prodotti contenenti diisocianati
La mancata formazione dei lavoratori (compresi gli autonomi) è sanzionata con un’ammenda da 40.000,00 a 150.000,00 Euro.
Interessato a partecipare al corso o ad avere informazioni in più? Compila il seguente form
Perchè è obbligatoria la formazione sui diisocianati
Lettera di richiamo per i lavoratori per inadempienze sulla sicurezza sul lavoro
Cosa posso fare se un lavoratore non rispetta la normativa sulla sicurezza sul lavoro?
Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
Nel caso in cui un lavoratore violasse i propri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro (individuati dall’art. 20 del D.lgs 81/2008), è necessario che il datore di lavoro, attraverso anche il preposto, richiami il lavoratore.
La legge, nel Testo Unico sulla sicurezza del lavoro, prevede diversi gradi di responsabilità in caso di mancato rispetto della normativa vigente e ha previsto delle sanzioni di natura amministrativa, civile o penale anche per i lavoratori.
Consapevolizzare il lavoratore e alimentare un comportamento sicuro è il primo passo
Prima di parlare di sanzioni, è importante accertarsi che tutta l’azienda abbia consapevolezza di quali siano le componenti principali per poter lavorare in sicurezza. L’atteggiamento e la giusta direzione deve essere ispirata dalla dirigenza, in modo che tutti i lavoratori si allineino verso atteggiamenti sicuri in modo naturale.
Gli obblighi dei lavoratori in materia sicurezza sul lavoro
È l’art. 20 D.LGs. 81/08 a definire gli “Obblighi dei lavoratori”. In tutti questi casi, in caso di violazione, può essere utilizzato lo strumento del richiamo e potrebbe essere attribuita al lavoratore una sanzione amministrativa o penale.
Persistendo tale comportamento saranno adottati nei suoi confronti provvedimenti disciplinari previsti dalla norma, ferme restando le possibili sanzioni comminabili direttamente al lavoratore dagli Organi di Vigilanza.
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e miscele pericolose (1), i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
Il richiamo disciplinare
Il richiamo disciplinare è espressione della sorveglianza del datore di lavoro riguardo all’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione.
Qui di seguito un modello da poter personalizzare e utilizzare nel caso in cui vengano riscontrati comportamenti non adeguati.
Fonte: certifico.com
Milleproroghe: prevenzione incendi per attività turistico alberghiere
Legge 24 febbraio 2023, n. 14 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre2022, n. 198.
All’Articolo 12-bis (Prevenzione incendi nelle strutture turistico ricettive) si legge:
“i) le attività ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore della regola tecnica di cui al decreto del Ministro dell’interno 9 aprile 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 26 aprile 1994, e in possesso dei requisiti per l’ammissione al piano straordinario di adeguamento antincendio, di cui al decreto del Ministro dell’interno 16 marzo 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 30 marzo 2012, completano l’adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi entro il 31 dicembre 2024, previa presentazione al comando provinciale dei vigili del fuoco, entro il 30 giugno 2023, della SCIA parziale, attestante il rispetto di almeno sei delle seguenti prescrizioni, come disciplinate dalle specifiche regole tecniche: resistenza al fuoco delle strutture; reazione al fuoco dei materiali; compartimentazioni; corridoi; scale; ascensori e montacarichi; impianti idrici antincendio; vie di uscita ad uso esclusivo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali; vie di uscita ad uso promiscuo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali; locali adibiti a depositi.
Limitatamente ai rifugi alpini, il termine di cui all’articolo 38, comma 2, del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 2013, è prorogato al 31 dicembre 2023.”
Di conseguenza, il datore di lavoro delle attività turistico-alberghiere dovranno:
a) pianificare ed attuare secondo la cadenza stabilita l’attività di sorveglianza volta ad accertare, visivamente, la permanenza delle normali condizioni operative, della facile accessibilità e dell’assenza di danni materiali sui dispositivi di apertura delle porte poste lungo le vie di esodo e sulla completa e sicura fruibilità dei percorsi di esodo e delle uscite di emergenza, su estintori e altri sistemi di spegnimento, apparecchi di illuminazione e impianto di diffusione sonora e/o impianto di allarme;
b) applicare le misure previste dall’articolo 5 del decreto del Ministero dell’interno 16 marzo 2012;
c) provvedere all’integrazione dell’informazione dei lavoratori sui rischi specifici derivanti dal mancato adeguamento antincendio dell’attività;
d) integrare il piano di emergenza con le misure specifiche derivanti dall’analisi del rischio residuo connesso alla mancata attuazione delle misure di sicurezza e dalla presenza di cantieri all’interno delle attività;
e) assicurare al personale incaricato dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione del piano di emergenza la frequenza del corso almeno di tipo 2-FOR di cui al decreto del Ministro dell’interno e del Ministro del lavoro e delle politiche sociale del 2 settembre 2021.
Chi può essere RSPP aziendale?
Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale può essere solo il datore di lavoro?
- designazione del datore di lavoro che in base al livello di rischio abbia conseguito formazione di 16-32-48 ore. Solo nei seguenti casi il datore di lavoro può essere RSPP:
– aziende artigiane fino a 30 addetti;
– aziende industriali fino a 30 addetti
– aziende agricole e zootecniche fino a 30 addetti;
– aziende della pesca fino a 20 addetti;
– altre aziende fino a 200 addetti;
– attività non rientranti all’Art.1 del D.Lgs. 334/99 – Normativa SEVESO (aziende soggette all’obbligo di dichiarazione o notifica, centrali termoelettriche, impianti o laboratori nucleari, aziende estrattive ed altre attività minerarie, per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri, munizioni, strutture di ricovero pubbliche e/o private) - designare e nominare un consulente esterno, professionista, con formazione e competenze compatibili con il codice Ateco aziendale
- designare e incaricare un lavoratore (che abbia conseguito formazione RSPP/ASPP modulo A-B-C, con formazione e competenze compatibili con il codice ateco aziendale)
Cosa può aiutare concretamente a far cambiare il comportamento delle imprese?
La sicurezza è fatta di persone ed è fatta per le persone.
Gli aspetti che legano le persone e gli aspetti normativi, sono i valori, come elemento imprescindibile per costruire un sistema che deve garantire salute e sicurezza e una crescita in tutti gli aspetti della vita (lavorativa ed extra lavorativa). Questi non sono obblighi di legge, ma prima di tutto comportamenti proattivi da parte di ogni soggetto. E dovrebbero essere attivati in ogni persona già prima dell’accesso nel mondo lavorativo.
Quel “processo educativo” può cominciare dalle attività infantili, con le metodologie adatte e con un sistema di comunicazione adeguato, ma dobbiamo arrivare ad avere imprenditori, lavoratori, dirigenti, insegnanti, persone, cittadini nella loro globalità che arrivino ad avere un livello di prevenzione uniforme e diffuso. Questo passaggio è un passaggio strutturale che deve avere una motivazione forte, che si ricerca nella definizione che ognuno di noi ha di cultura della sicurezza.
Non esiste una definizione ufficiale della cultura della sicurezza, tanto richiamata dopo un evento tragico, quando è necessario pensare a quello che è accaduto: la possiamo intendere la modalità con la quale l’impresa o l’azienda affronta il problema della sicurezza sul lavoro. È quell’insieme di convinzioni, atteggiamenti, modi di fare, valori che sono condivisi da tutti gli attori che costituiscono l’azienda. Sostanzialmente è il modo in cui quell’azienda fa sicurezza, ed è quindi diversa da azienda a azienda.
Se non vogliamo che la cultura della sicurezza resti un’immagine fantomatica, dobbiamo dire chiaramente che la cultura non è alternativa alle regole, ma è l’imprescindibile fondamento delle regole e delle sanzioni, cioè: le regole e le sanzioni sono gli strumenti che servono la cultura della prevenzione di una società intera, non di una singola impresa.
Cosa può aiutare concretamente a far cambiare il comportamento delle imprese?
Per svolgere formazione efficace all’interno di un percorso educativo, è necessario cambino gli atteggiamenti delle persone e intervenire sulle motivazioni delle persone. Alla fine della formazione, i lavoratori devono essere intimamente convinti ad agire in modalità differenti da come facevano prima, dopo che gli è stato insegnato qual è il comportamento sicuro.
Una componente che rallenta questo processo è la distanza tra chi il percorso educativo lo elabora e mette in atto e chi quotidianamente svolge l’attività lavorativa. È necessario ridurre questa distanza attraverso due ingredienti: leadership (persona che sa ascoltare) e partecipazione (piramide rovesciata: dall’esperienza quotidiana nei luoghi di lavoro deve fare discendere tutte le azioni possibili di miglioramento e inclusione).
Lavorando sulla leadership non stai migliorando solo la sicurezza. Quando un preposto è un vero leader, migliora l’intera produttività. Perché un leader è una persona che non ha comportamenti incoerenti, è la persona che dà l’esempio e propone comportamenti sui quali lui stesso deve andare a vigilare.
E per voi, cosa è la cultura della sicurezza?
Marco Inverso è intervenuto nella trasmissione televisiva “Prima Edizione” di ANTENNATRE Tv dello scorso 22 febbraio, ospite della giornalista Anna De Roberto, per discutere di sicurezza nei luoghi di lavoro.
“[…] è indispensabile intraprendere un percorso che porti ad une vera e propria cultura della sicurezza, poiché la formazione e i controlli degli enti preposti non sono sufficienti per ridurre malattie ed infortuni sul lavoro.”
A tal proposito, si è poi parlato della necessità di favorire il dialogo e la collaborazione tra enti ispettivi e aziende e di accompagnare quest’ultime nell’adempimento di tutti gli obblighi normativi, spesso onerosi per le PMI meno strutturate. A termine del proficuo confronto tenuto con il Direttore Spisal ULSS1 “Dolomiti” Dott. Gianfranco Albertin e Dario Verdicchio, Segretario confederale della CGIL con delega alla sicurezza, si è ricordato l’impegno di Confapi Venezia su questo tema e l’iniziativa “Armonia in pratica” in programma il prossimo 12 maggio, a Noventa di Piave, nella quale sono invitati enti ispettivi, realtà imprenditoriali e, per la prima volta, anche le scuole.
“Quanto si parla di cultura della sicurezza abbiamo capito che dobbiamo partire dai giovanissimi e quindi dalle scuole. Il tema dell’alternanza scuola-lavoro è un tema di attualità; per integrare i ragazzi in questo processo educativo è necessario investire tempo, risorse e competenze, al fine di introdurli efficacemente nel mondo del lavoro.”
LINEE GUIDA PER AZIENDE/ENTI CHE OSPITANO STUDENTI
La Regione Veneto ha messo a disposizione le linee di indirizzo redatte dal SiRVeSS a supporto degli istituiti scolastici e dei soggetti ospitanti per l'inserimento dello studente nel Percorso per le Competenze Trasversali e per l'Orientamento.
Le convenzioni tra Istituti scolastici e Aziende dovranno prevedere e richiedere integrazioni dal punto di vista della sicurezza sul lavoro, per poter assicurare la tutela dello studente.
Chi ha ospitato recentemente degli studenti nella propria azienda, avrà notato che nelle convenzioni vengono richieste documentazioni ulteriori per poter attivare il periodo di tirocinio, PCTO (Percorso per le Competenze
Trasversali e per l’Orientamento), alternanza scuola lavoro.
Qui alcuni punti rilevanti:
Che modifiche devo fare al DVR per attivare un PCTO
DOCUMENTO VALUTAIZONE DEI RISCHI. Nel DVR il soggetto ospitante dovrà indicare le mansioni/operazioni che verranno effettuate dallo studente, valutando i rischi e le misure di prevenzione e protezione adottate, con la collaborazione del proprio RSPP, del Medico Competente, ove previsto, e del RLS/RLST, ove nominato.
Il dvr deve essere redatto tenendo conto in particolare dei seguenti aspetti: sviluppo psico-fisico non ancora completo, mancanza di esperienza e di consapevolezza nei riguardi dei rischi lavorativi, esistenti o possibili, in relazione ad età, genere e altre tipicità; attrezzature e sistemazione del luogo e del posto di lavoro; natura, grado e durata dell’esposizione ad agenti fisici, chimici e biologici; movimentazione manuale dei carichi; sistemazione, scelta, utilizzazione e manipolazione di attrezzature di lavoro, macchine, apparecchi e strumenti; pianificazione dei processi di lavoro e loro interazione sull’organizzazione del lavoro; situazione della formazione e dell’informazione degli studenti.
Quale formazione informazione e addestramento garantire per poter ospitare uno studente in azienda
La formazione generale e specifica ai sensi dell’art. 37 del DLgs 81/2008 deve essere erogata agli studenti prima che gli stessi siano inseriti nei PCTO.
Il soggetto ospitante deve altresì provvedere a fornire allo studente l’informazione ex art. 36 del DLgs 81/2008 in merito alla propria organizzazione per la salute e la sicurezza (rischi, procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta anti-incendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro, le figure della sicurezza aziendali, etc).
Il soggetto ospitante deve garantire l’addestramento dello studente all’uso, qualora previsto, di attrezzature, macchine, sostanze e DPI, da esso forniti, ai sensi dell’art. 37, commi 4 e 5, e dell’art. 77, commi 4 e 5, del DLgs 81/2008, come modificato dalla L 215/2021.
Che DPI devo consegnare allo studente che sta facendo alternanza scuola lavoro
Si ritiene utile che il soggetto ospitante ricordi allo studente e, in caso di minori, ai genitori (o ai soggetti ai quali è attribuita la rappresentanza legale del minore, ai sensi della normativa vigente) i principali obblighi e divieti del lavoratore in materia di salute e sicurezza, derivanti dall’art. 20 del DLgs 81/2008 e da altre previsioni normative applicabili (vedi documento completo).
Per quanto riguarda i DPI è compito del soggetto ospitante definire, in base al proprio DVR, se lo studente in PCTO debba indossare i DPI durante l’attività, e in tal caso dovrà fornirglieli. Come per gli altri lavoratori, i soggetti ospitanti dovranno quindi dare evidenza dell’avvenuta consegna, addestramento e informazioni relative alle modalità di tenuta e riconsegna. Nella convenzione, devono essere indicati la tipologia di DPI consegnati e le modalità di custodia degli stessi.
Devo fare la visita medica agli studenti alternanza scuola lavoro o PCTO?
L’obbligo di sorveglianza sanitaria (visita preventiva) per gli studenti va verificato caso per caso in relazione al DVR del soggetto ospitante. È importante, quindi, che il soggetto ospitante analizzi i rischi gli studenti in PCTO (mansioni possibili, valutazione dei rischi che potrebbero far scattare l’obbligo della sorveglianza sanitaria), come illustrato nella scheda allegata. Se in base a tale valutazione dovesse risultare che le attività svolte dallo studente sono soggette a sorveglianza sanitaria, rientra tra gli obblighi del Medico Competente del soggetto ospitante effettuare la sorveglianza sanitaria, dal momento che egli conosce i rischi aziendali, il posto di lavoro e ha definito il protocollo sanitario.
Tuttavia si sottolinea che, per lo sviluppo temporale che caratterizza i PCTO nel triennio, e per la tipologia di compiti che vengono assegnati allo studente, verosimilmente l’attività lavorativa svolta in PCTO non determina il superamento dei limiti che la normativa prende a riferimento per sancire l’obbligo della sorveglianza
sanitaria (art. 41 del DLgs 81/2008).
Siamo a disposizione per integrazione di informazioni o documentale, o per un semplice confronto. I nostri contatti:
Marco: 3349671275 – sicurezza@formazionearmonia.com
Per chi volesse approfondire, al link qui sotto le Linee di indirizzo redatte dal SiRVeSS a supporto degli istituti scolastici e dei soggetti ospitanti per l’inserimento dello studente nel Percorso per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO).